Qual è quella soglia oltre la quale non si è più nell’ambito dell’ispirazione/omaggio ma si entra nel plagio effettivo?
E’ una domanda che mi pongo da una vita, e che penso abbia un suo perché. Viviamo in un’epoca in cui molti artisti attingono a piene mani dalle storie degli altri per creare le proprie, e lo fanno dichiaratamente. Questo approccio ha sicuramente reso molto ma molto più elastico il concetto di plagio.
Un film come “Le Iene” di Quentin Tarantino, per esempio, ha delle somiglianze fortissime con “Rabid Dogs” di Mario Bava. In entrambi i film ci sono:
(Attenzione: spoiler a manetta. Se non avete visto i due film e non volete rovinarvi la sorpresa, NON leggete.)
– dei rapinatori col nome in codice
– un pazzoide violento che viene ucciso da un altro membro della banda
– una rapina che finisce con una carneficina
– un’ambientazione claustrofobica: quasi tutto Le Iene è ambientato in un capannone, mentre Rabid Dogs è girato per buona parte in un’automobile.
– un carnefice che sembra una vittima, la cui vera identità viene rivelata solo alla fine.
(fine spoiler)
E la cosa bella è che Tarantino lo dice, chiaramente. Cita Bava tra i suoi ispiratori.
Ora, mi chiedo: cos’altro avrebbe dovuto fare il padre di Kill Bill per essere accusato all’unanimità di plagio? Quale soglia non ha superato? Basta cambiare ambientazione, nomi e altre cose? Oppure basta dirlo? Forse basta ammettere di aver attinto ampiamente da un’altra storia per evitare le accuse di plagio?
Attenzione: non sono anti Tarantino, anzi. E’ tra i miei registi preferiti, e di certo non vorrei che venisse accusato di plagio. Però la domanda resta.
Un altro punto su cui mi interrogo spesso è: come bisogna regolarsi per il “plagio involontario”?
Al mondo esistono tantissime storie. La probabilità di riproporre involontariamente una situazione, un personaggio, una scena è abbastanza alta. Che succede se X ripropone qualcosa di Y senza saperlo? E’ sempre plagio?
Terzo e ultimo punto: bisogna fare a meno di riproporre una situazione o un personaggio già visti anche se stanno benissimo nella storia, o ancora, se sono necessari alla stessa?
Questo è un post senza risposte. Per il semplice motivo che non saprei cosa rispondere.
Si plagia o meglio, ci si ispira, anche dai luoghi comuni: attingere a qualcosa è indispensabile, considerato che viviamo nella generazione del “tutto è stato visto”. L’ispirazione però deve essere disinteressata: a me (intendo personalmente) non interessa se qualcuno si accorge dei piccoli spunti da cui ho preso particolari, quando arriverà (se succederà) il giorno in cui qualcuno mi accuserà di aver plagiato, beh il menestrello lo inviterà a domandarsi se il prodotto è piaciuto.
I particolari però sono importanti. Se esiste una differenza tra plagiare qualcosa e averne preso ispirazione, sono proprio quei particolari, senza di essi saremmo cloni di qualcosa già scritto e come qualcuno disse “c’è un numero limitato di trame originali”, per cui essere originali è molto difficile, plagiare molto meno.
Utilizzare o meno un personaggio che si sa essere identico a quello di un altro autore è una scelta, ma il menestrello dal suo punto di vista lo sconsiglia, troppo vicino alla fanfiction, troppo lontano dalla strada che dovrebbe percorrere un autore che voglia maturare. Se poi serve per forza un Darth Vader o un grillo parlante, forse c’è qualcosa che non va.
Sulla seconda domanda il menestrello si astiene in pieno… sarebbe una ripetizione della prima parte 🙂
Cio Lerigo,
grazie per il commento 🙂
Sul punto del personaggio già visto, devo fare un chiarimento: non parlo di copiare un personaggio tipo Darth Vader, ma di utilizzare, perché lo vuole la storia e non per scopiazzamento, un personaggio “archetipico”, o comunque simile ad altri più famosi. Che so, per dire, ne “Il Padrino” c’è Sonny, il primo figlio del boss, che è irascibile, violento e impulsivo.
Se per ipotesi scrivessi una storia di mafia, potrei sentirmi tranquillo a usare un personaggio impulsivo e irascibile (pur avendo diverse altre caratteristiche non in comune con Sonny) come figlio di un boss?
Mi è capitato di ritrovarlo in altri film, e non mi ha dato affatto fastidio. Anche perché, credo che le combinazioni credibili in determinati contesti siano poche. E’ molto più verosimile che il figlio di un capo mafia sia violento piuttosto che ecologista. A quel punto si andrebbe alla ricerca di un’originalità forzata.
Maestro, forse il menestrello non si è espresso bene, ma intendeva dire proprio un tipo di personaggio, quelli citati sono esempi popolari. Nella categoria dei “Darth Vader” fanno capolino anche i molti dei cattivi della fumettistica Marvel, da cui ehm…. hanno attinto un bel po’ di persone.
Tornanto in topic, il problema di dover inserire un archetipo nella storia è sempre assimilabile al riscontro del pubblico: mettere in campo simili personaggi è rischioso perché si da una similitudine, ma ovviamente è meglio costruire il figlio di un mafioso come Santino Corleone che come un attivista di medici senza frontiere 🙂
Come dici tu, una risposta “in assoluto” ai tuoi quesiti non ha gran senso.
Posso dire che, per quanto mi riguarda, qualsiasi “reinterpretazione” – esplicita o meno – che dia emozioni nuove è una reinterpretazione riuscita, e quindi utile. Nella musica, nella pittura o nella letteratura, ma anche nel design. In fondo gli “archetipi” sono sempre esistiti. E se è riuscita, non c’è nessuna ragione per nascondere che è un tentativo di plagio o che la paternità iniziale dell’idea è di qualcun altro (chissefrega: mica reinventiamo il mondo da capo ogni volta…partiamo da quel che c’è e lo reinterpretiamo adeguandolo alle mutate esigenze…:-) )
Anzi, dichiarare esplicitamente che ci si è ispirati a qualcosa che esisteva già è quasi superfluo, nella quasi totalità dei casi.
Ciao Marco,
grazie per il commento.
Com’era? Nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma? 😛
Mirabile sintesi:-) Come volevasi dimostrare, anche i nostri commenti in fondo sono un plagio:-)